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La chiesa dei Santi Bartolomeo e Stefano è situata nella parte bassa di Bergamo, tra via Torquato Tasso e Largo Belotti, nella zona anticamente chiamata “Prato di S. Alessandro” e chiude il cosiddetto Sentierone, ovvero, la via pedonale del centro di Bergamo, tradizionale passeggiata dei bergamaschi.
La Chiesa, di remotissime origine, fu riedificata nella prima metà del XII secolo, tra il 1603 ed il 1642, su progetto dell’Architetto comasco Anton Maria Caneva (Porlezza 1550-Bergamo 1610), per la prima volta officiata il 6 maggio 1623 e consacrata il 19 gennaio del 1782 da mons. Giovanni Paolo Dolfin, vescovo di Bergamo.
Il tempio presenta una struttura semplice, ma allo stesso tempo elegante e grandiosa, misura 60 metri di lunghezza e 14 di larghezza, escluse le cappelle. La facciata principale, ultimata a fine Ottocento dall’architetto Giovanni Cuminetti, è un perfetto esempio di capolavoro in stile barocco. Nella sezione centrale, in senso verticale, si trovano quattro statue femminili raffiguranti le virtù cardinali, opera del giovane scultore Andrea Paleni. Poco più in alto, si possono osservare due magnifici riquadri in rilievo realizzati dallo scultore bergamasco Luigi Pagani (1829 – 1904), raffiguranti il martirio di S. Bartolomeo e quello di S. Stefano. Inseriti nelle due nelle due nicchie si trovano le due sculture di Giovanni Avogadri (1885 – 1971) raffiguranti S. Francesco, a sinistra, e S. Domenico, a destra, in blocchi di marmo bianco. Nella lunetta sopra al portone centrale vi è l’affresco di Luigi Galizzi, raffigurante la consegna del Rosario da parte della Vergine a S. Domenico, con accanto S. Caterina da Siena.
Al suo interno la Chiesa presenta importanti opere d’arte, come gli affreschi di Mattia Bortoloni e di Gaspare Diziani, opere del Picenardi, del Brena, di Enea Talpino detto il Salmeggia, del Coppella, del Ricchi detto il Lucchese, dell’Orelli, del Salis, del Discepoli detto lo Zoppo, del Facheris detto il Cavarsegno, del Damiani e dell’Anselmi; degni di nota sono gli intarsi lignei di fra’ Damiano Zimbelli e, naturalmente, la famosa “Pala del Martinengo” di Lorenzo Lotto.
Bergamo ospita numerose opere del pittore veneziano Lorenzo Lotto (Venezia, 1480 ca. – Loreto, 1556), uno dei più grandi artisti del ‘500. Nella chiesa di san Bartolomeo, dietro l’altare maggiore, è visibile uno dei suoi capolavori: la pala intitolata «Madonna col Bambino in trono e santi», realizzata nel 1516 (olio su tavola, 5.2m x 2.5m), in origine posta nell’antica chiesa di S. Stefano.
Nell’opera, che raffigura vari personaggi importanti sia per l’Ordine che per la città di Bergamo, sono disposti da sinistra verso destra, attorno a Maria con Gesù fra le braccia, i santi Alessandro, protettore della città, Barbara, Giacomo, Domenico, fondatore dell’Ordine dei Predicatori, Marco, patrono della Serenissima, Caterina d’Alessandria, Stefano, Ambrogio, Giovanni Battista e Sebastiano.
Le tarsie presenti nell’attuale coro sono quelle che fra Damiano Zambelli o.p. (1480 – 1549) eseguì per decorare il coro della chiesa domenicana di S. Stefano in Bergamo. Fra Damiano era un “esecutore”, nel senso che traduceva con legni intarsiati i cartoni o i disegni tracciati da pittori o architetti. È verosimile che nella esecuzione dell’opera fra Damiano abbia trovato un valido aiuto nei suoi due discepoli Giovanni Maria de Marendis e Giovanni Francesco Capoferri, almeno negli anni 1520 – 21. Verso il 1526 si trasferì a Bologna per le opere da farsi nel convento e nella chiesa di S. Domenico. Dalla distruzione di S. Stefano, effettuata con forsennata celerità, i frati poterono salvare ben poco per mancanza di tempo. Dopo 85 anni di traversie, di tutte le tarsie ne rimasero 31, le quali migrarono da S. Stefano al convento domenicano di S. Maria della Basella presso Urgnano (1561 – 1565); da qui a S. Bernardino in Bergamo (1565 – 1571) ed infine a San Bartolomeo. Nel 1647 le tarsie trovarono definitiva collocazione nel nuovo coro barocco. Nella sua vita fra Damiano realizzò, oltre alle tarsie di Bergamo, anche il magnifico coro della chiesa S. Domenico a Bologna e, come opera giovanile, il coro della chiesa domenicana di S. Giacomo a Soncino.
La pregiata decorazione della volta della chiesa venne affidata a Mattia Bortoloni. Cominciati i lavori nel 1749 ed eseguite le volte del coro e del presbiterio con i due affreschi illustranti «il Sacrificio di Isacco» e «la Gloria del SS. Sacramento», essi vennero interrotti per la morte del Bortoloni. La volta della navata fu dipinta dal bellunese Gaspare Diziani nel 1751. Essa rappresenta il «Cielo Domenicano». Opera grandiosa, essa contiene la rappresentazione simbolica dei quattro continenti raggiunti dalla predicazione dei domenicani. Più su, santi, beati e pontefici domenicani, fra i quali S. Domenico. Più in alto ancora, Maria Vergine e, al culmine, la SS. Trinità.
Su tutto il perimetro della sacrestia è realizzata un’armadiatura in noce (‘600 – ‘700) per la custodia degli arredi.
In S. Bartolomeo sono inoltre visibili: